POMIGLIANO D'ARCO - Lo stabilimento Fiat di Pomigliano, è notizia di ieri, subirà altre due settimane di cassa integrazione a febbraio e marzo. Lo spettro della crisi economica che sta affliggendo l’economia mondiale in questo periodo prolunga il suo raggio d’ombra in ogni settore, ma è una crisi utilizzata sempre di più come la risposta e giustificazione di ogni nefasta congiuntura e che “ Nel caso della Fiat si usa come specchio delle allodole per mascherare l’intreccio di taciti patti e reciproci interessi tra azienda e sindacati”. Questa la posizione di Luca (il nome è di fantasia per tutelarne la privacy) operaio da trent’anni nello stabilimento “Giovan Battista Vico”, che riflette con le sue parole la convinzione di molti altri colleghi.”A dicembre la conoscenza del prolungamento della cassa integrazione l’abbiamo avuta tramite i mezzi di comunicazione, l’affissione in bacheca o,nei migliori casi, attraverso vari capufficio o capireparto delegati a questo compito tramite semplici telegrammi. Un giorno sei a lavoro, e il seguente non sai quando ci tornerai né il perché sia stata rinnovata la cassa integrazione, è difficile comprendere quanto ciò si rifletta sulla componente psicologica e nella produzione”. “Non possiamo nemmeno confidare nel sindacato come istituzione, perché ormai ha rovesciato la propria identità rispetto agli anni 70-80 , nei quali faceva sentire il suo peso nelle decisioni aziendali , finendo oggi per andar ben oltre quello che è una costruttiva cooperazione. Ci si continua ad iscrivere perché si crede nell’ istituzione in sé, ma non ci sono persone idonee a comporla, che vadano oltre le logiche del do ut des” . “Tanto più che proprio alla Fiat ci sarebbe necessità di un sindacato forte- continua l’operaio Luca- date le logiche repressive sul piano comportamentale adottate non da poco dall’ azienda. Le molte u.p.a. , reparti distaccati rispetto all’ azienda madre, come Tnt o Dhl, sono diventate effettivamente la sede dove inviare il personale “scomodo”, da Pomigliano a Nola. Ne contiamo circa 300 , molti dei quali giovani appartenenti allo Slai cobas. Io stesso devo tenermi anonimo a seguito di problemi che ho già avuto con l’azienda”.”La Fiat, per quanto ho potuto vedere nella mia esperienza fa scattare la cassa integrazione quando aspetta fondi dall’ Europa o dallo Stato , e questo sarebbe anche logico dato l’invenduto , ma l’intento è quello di smantellare il personale fino ad arrivare a 2000 ??" 3000 dipendenti. La cosa che sorprende di più è questo silenzio politico, dallo stato fino al livello regionale, contro il quale è necessario un risveglio della classe operaia, del suo peso decisionale, che faccia sentire l’ azienda sotto un perenne occhio di controllo, in particolare da parte dei giovani”. Ma per molti di loro “alla fine la cassa integrazione fa comodo ??" come dichiarato da uno dei giovani dipendenti- abbiamo più tempo per noi. E io con lo stipendio devo solo pagare le spese per l’auto e divertirmi”.
di marina ronza 13/01/2009
ILNOLANO.IT Quotidiano online. Anno II. Numero 14.