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COSENZA: EX DIPENDENTE MARLANE, SPERO CHE MAGISTRATI PRENDANO A CUORE VICENDA

Cosenza, 30 set. - (Adnkronos) - ''I dirigenti sapevano quale era il rischio che correvano gli operai e mi auguro che i magistrati prendano a cuore la vicenda''. Lo ha dichiarato Alberto Cunto, ex dipendente della fabbrica tessile Marlane di Praia a Mare nell'apprendere la notizia della chiusura delle indagini da parte della Procura sui quaranta casi di tumore verificatisi sul Tirreno cosentino correlati all'attivita' dell' ex azienda tessile dismessa da alcuni anni. ''Nessuno disponeva di mascherine e protezione'', ha raccontato Cuntu, che era anche rappresentante sindacale dello Slai Cobas.

''La tintoria non era separata da altri reparti di conseguenza i fumi e i gas si propagavano per tutto l'ambiente. Lavorando il tinto, quando i tessuti con tutte le sostanze chimiche coloranti scorrevano sulle parti mobili delle macchine producevano polveri che si espandevano nell'ambiente e venivano respirate, cosi' come le polveri che si propagavano quando si pulivano le macchine con l'aria compressa'', ha riferito aggiungendo che ''in alcuni reparti, considerati piu' a rischio, veniva distribuito il latte quindi l'azienda evidentemente era a conoscenza del rischio per gli operai''.

L'ex operaio parla anche dell'impianto di depurazione. ''E' stato costruito non molti anni fa -ha detto- quindi prima i liquami si accumulavano nelle vasche e subito dopo scorrevano a mare, penso che questo sia avvenuto per una decina di anni''. Lo smaltimento dei fanghi, racconta Cunto, avveniva in due modi. ''Facevano uso di camion che andavano a scaricare nella discarica abusiva di Santa Domenica Talao, per due volte sono state fermati dai carabinieri e verbalizzati quindi non possono dire che non sia vero, mentre altre volte venivano interrati nel terreno della fabbrica, chiamavano le ruspe e poi mischiavano fanghi e liquami con la sabbia''.