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MORTI SUL LAVORO: PRESTO CHIUSURA INDAGINI SU MARLANE DI PRAIA
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(AGI) - Cosenza, 30 set. - "L'avviso di conclusione indagine non arrivera' prima della fine della prossima settimana. Qui alla Procura di Paola siamo solo due, ormai, io e il Procuratore Giordano, e il tempo manca per tutto". A dirlo e' Antonella Lauri, magistrato della Procura di Paola (CS) che sta seguendo l'inchiesta che riguarda le morti sospette per tumore avvenute tra gli operai della ex fabbrica tessile, adesso chiusa, Marlane di Praia a Mare, sull'alto tirreno cosentino. "Il numero degli indagati aumentera' di certo", conferma all'AGI la dottoressa Lauri, che ha raccolto tre diverse inchieste, partite piu' di 10 anni fa, in un solo fascicolo.
Della vicenda si e' occupato oggi anche il sito internet del quotidiano 'La Repubblica', che riferisce di 40 morti e 60 ammalati di cancro, tutti casi sospetti esaminati dalla procura calabrese, che ha inviato piu' volte i corpi specializzati dei Vigili del Fuoco ad effettuare scavi nel cortile della fabbrica, dove si sospetta siano interrate le scorie non smaltite. La Marlane nacque a meta' degli anni '50 per opera del Conte Rivetti, un eclettico industriale biellese stabilitosi a Maratea. All'inizio la fabbrica pare non disponesse di alcun sistema di depurazione e molti parlano di un rigagnolo maleodorante che si riversava in mare. Dopo una breve parentesi di gestione IMI, entro' nell'orbita Lanerossie poi divenne di proprieta' della Marzotto. Qui si lavorava ogni genere di fibra: lana, lino, seta, fibre sintetiche. Con l'arrivo della proprieta' statale furono installati i primi sistemi per il trattamento dei fanghi. Ma furono anche abbattuti i muri di separazione tra i vari reparti di lavorazione, consentendo ai fumi delle sostanze chimiche di coloritura di espandersi per tutti i reparti adiacenti a quello di tintoria. Un tempo per tingere il poliestere venivano usati coloranti a basi diazotabili, ora desueti. Pare anche che qui i controlli sanitari siano sempre stati piuttosto sommari, come le ispezioni di legge. Inoltre, in aggiunta ai fumi dei coloranti, ci sarebbe stato anche un notevole rischio di respirare polveri di amianto, usato in alcune macchine. Questo fino al '96, quando la tintoria fu di fatto smantellata.
Restarono invece gli altri reparti, ma anche a causa della conversione la fabbrica inizio' ad essere improduttiva. Da qui il pesante ridimensionamento del corpo operaio, con le conseguenti proteste pubbliche. Intanto cominciavano le morti sospette, a meta' degli anni '70, fino a contare almeno 50 morti acclarati per tumore tra gli operai, forse anche un centinaio, visto che il calcolo esatto non e' mai stato fatto. Da qui le prime denunce alla Procura della Repubblica di Paola.