L’aspetto di particolare gravità risulta consistere nel dato per cui comunque, puntualmente, l’azienda comunque trattiene in busta paga ai lavoratori l’intero ammontare della cifra per il Laborfond. Non solo dunque insolvente nei confronti del fondo, ma anche protagonista di un’indebita appropriazione dei versamenti dei lavoratori. Dicevamo che i lavoratori sono preoccupati, infatti, vista la montagna di spettanze loro dovute, quella relativa ai mancati versamenti per la pensione integrativa si carica di un alone di pesante incertezza. Se vogliamo, risulta ancora più grave il fatto che né Laborfonds né l’organismo di vigilanza del fondo ai sensi del D.lgs 231/01, né tantomeno le istituzioni locali attraverso il Centro Pensplan, abbiano sino ad oggi fatto valere le loro indiscutibili prerogative (si peni solo all’art.8 c8 dello Statuto del fondo) sulla Malgara Chiari e Forti al fine di imporre a tale azienda associata un comportamento giuridicamente ed eticamente corretto. Piuttosto si è preferito scaricare ancora una volta sui lavoratori ed invece di esigere il pagamento dei crediti si preferisce lasciarli nell’incertezza e nella preoccupazione. Ci chiediamo se la tenerezza con cui il comportamento della Malgara è stato sino ad oggi accolto da Laborfonds non sia dovuta al patto tra padroni, sindacati confederali ed istituzioni locali su cui si regge lo stesso fondo, evidentemente con soddisfazione reciproca per tali stessi soggetti. Patto che pare portare Laborfond a tutelare in primo luogo gli interessi persino illegittimi delle aziende. Il tutto a dimostrazione del fatto che i processi di privatizzazione delle pensioni hanno aperto la strada non solo alla loro drastica diminuzione, ma anche all’inserimento dei fondi integrativi nei circuiti del capitale finanziario dove, questa volta con il protagonismo anche dei sindacati confederali, cessa per definizione ogni trasparenza e dove i lavoratori ci rimettono sempre, derubati più volte delle proprie sempre più magre entrate.